Una cosa oscura, senza pregio – David Lifodi da “Le Monde diplomatique”

8 October, 2019 - 11:09
autore/i: 
David Lifodi

Da Le Monde diplomatique

 

La trama di Una cosa oscura, senza pregio si dipana attraverso molteplici fili conduttori, da quello che spinge il giovane Louis Adamic a emigrare negli Stati Uniti alle storie dove è protagonista la famiglia di Andrea Olivieri, autore del libro pubblicato da Edizioni Alegre e definito da Wu Ming 1 «un'opera luminosa e dai molti pregi». Andrea Olivieri ha molti meriti, innanzitutto quello di riscoprire l'autore di Dynamite: The Story of Class Violence in America, legando la sua storia a quella della sua terra (la regione Giulia) e della sua famiglia. I nonni di Olivieri, Albano e Leda, oltre a essere stati partigiani, hanno vissuto in prima persona le tormentate vicende della questione triestina, dell'Istria e della Dalmazia a cavallo tra Seconda guerra mondiale e dopoguerra. Inoltre il libro di Olivieri è prezioso perché emerge con forza la capacità dell'autore di scavare e di andare a fondo su tematiche che ci sono state tramandate in maniera acritica, se non distorta strumentalmente delle destre, a proposito delle foibe e del presunto odio degli slavi nei confronti degli italiani. In questo contesto, ad esempio, Olivieri fa emergere con chiarezza il quadro delle violenze fasciste, che la stessa storiografia ufficiale ha contribuito a far passare in secondo piano. Definire il lavoro di Olivieri come un semplice romanzo rischia però di essere riduttivo poiché si tratta, piuttosto, di un racconto corale. È l'autore a narrare in prima persona le vicende di Adamic, di Albano Olivieri e dei tanti protagonisti sia dell'America degli anni Trenta del Novecento sia della resistenza degli operai dei cantieri di Monfalcone, ma si tratta in realtà di un popolo intero, quello che si riconosce nell'uguaglianza di classe tra gli sfruttati, a popolare le pagine di Una cosa oscura, senza pregio, dagli attivisti dell'Industrial Workers of the World a intere famiglie che hanno partecipato alla Resistenza nel Carso, tra confini mobili e incerti, prima di essere spiazzati dalla rottura del 1948 tra Stalin e Tito. Sotto certi aspetti Louis Adamic dialoga con la famiglia dell'autore. Louis e Albano condividono il senso comune di una appartenenza che non è né identitaria né nazionalista, poiché entrambi fanno parte della stessa comunità, quella che si trova dalla parte del torto. Adamic racconta le molteplici contraddizioni del capitalismo americano e dello sfruttamento intensivo dei migranti negli Usa (molti dei quali, come lui, sloveni), testimone oculare di un American Dream trasformatosi in realtà nell'incubo delle moderne maquiladoras: zero diritti e salario da fame. È l'autorganizzazione dei wooblies dell'Industrial Workers of the World a essere legata a doppio filo a quella degli operai dei cantieri di Monfalcone, nel segno dell'hacer comunidad a cui faceva riferimento il triestino Mattei Dean, collaboratore anche del manifesto da Città del Messico e al quale Olivieri ha dedicato il suo libro. Del resto la stessa scatola con alcuni ricordi della vita di Albano e Leda serve a Olivieri per iniziare un percorso in cui l'autore si riconosce personalmente, facendosi portavoce del vissuto della sua famiglia, composta da operai antifascisti e partigiani, ma anche di quella working class migrante giunta da tutto il mondo negli Stati Uniti. La giustizia sociale è l'ideale a cui si ispirano Louis Adamic, Albano e Andrea Olivieri in un cammino che si intreccia, nell'ultimo capitolo del libro, con una famiglia di immigrati provenienti dalla Siria incontrati dall'autore nella città mineraria di Zenica, a testimonianza che il mondo non può e non deve avere confini.