[Riflessioni intorno a] Una cosa oscura, senza pregio - Luigi Chiarella da "Yamunin"
Ho terminato la lettura di Una cosa oscura, senza pregio di Andrea Olivieri, pubblicato da Alegre nella collana Quinto Tipo. Questo libro è forse il più granitico fra quelli finora pubblicati nella collana diretta da Wu Ming 1.
Rileggo la frase che ho appena scritto e mi rendo conto che c’è qualcosa di sbagliato: faccio riferimento a una particolare tipologia di roccia le cui proprietà non hanno nulla a che fare con la struttura dei libri della collana Quinto Tipo. Ed essendo la storia ambientata nella zona del Carso, associarla al granito è del tutto arbitrario. Non siamo in presenza di un magma ormai solidificato. Il granito non restituisce la sensazione che ho provato durante la lettura di questo libro in cui diverse vicende precipitano e si sedimentano, così come le storie delle persone di diversa etnia, diverse lingue e culture si sono sedimentate nei secoli fino a formare la particolare tipologia di ambiente culturale ed etnico che non è direttamente riconducibile a *una* nazione. Farlo – così com’è stato fatto da dopo la caduta dell’Impero austroungarico a colpi di italianità – è stata una forzatura, anzi, un crimine. Non è col granito, quindi, che qui si ha a che fare, ma col calcare. Qualcosa di già formato è stato distrutto, trasportato da qualche altra parte e lì – sottoposto a pressioni – ricomposto. Riformulo: questo è forse il più calcareo dei Quinto Tipo pubblicati finora da Alegre.
Una cosa oscura, senza pregio è un oggetto narrativo non identificato in cui ricerca scientifica, memorie, non-fiction, fiction e autofiction si intrecciano in modo sapiente. In questo libro «dai molti pregi», come scrive Wu Ming 1 nella presentazione del volume, l’epopea di Louis Adamic – scrittore working class di origine slovena e statunitense d’adozione – si intreccia con la storia della famiglia dell’autore e con le lotte che la classe operaia portò avanti tra l’inizio del secolo scorso e la fine della Seconda guerra mondiale. Una lunga catena di eventi, lotte e racconti tra Los Angeles e Trieste.
L’imponente ricerca d’archivio che sta alla base del libro non appesantisce lo scorrere delle pagine, piuttosto dà spessore e profondità. Dietro ogni scena in cui – ad esempio – Olivieri racconta uno spaccato della vita di Adamic, molto probabilmente c’è una ricerca che ha necessitato anni di letture e confronti incrociati, ma a noi lettori la storia arriva in modo semplice ed efficacie. Come è giusto che sia, certo, il punto è che non è facile coniugare ricerca e racconto. Già dopo poche pagine Louis Adamic, uno scrittore che non conoscevo e di cui ammetto quindi di non aver letto nulla, diventa un personaggio quasi familiare, prossimo. Merito – per me – della qualità della scrittura, nient’altro.
Nel libro si narra anche delle lotte di classe che attraversarono il Nord-est, la città di Trieste e tutto il Litorale adriatico. Lotte che si innervarono con la lotta di liberazione dal nazifascismo. Luoghi di cui, fino a poco tempo fa, ignoravo l’importanza strategica che ebbero e che ancora hanno per il milieau fascionazionalista: fu in quei luoghi che vennero promulgate le leggi razziali e ancora prima – dopo la prima guerra mondiale – fu lì che iniziò l’italianizzazione forzata di migliaia di persone che fino a pochi anni prima viveva in un ambiente multiculturale. Leggendo questo libro, così come Cent’anni a Nord Est di Wu Ming 1, sono riuscito a farmi un’idea di quanto complessa sia la Storia che ha portato a creare e denominare il Nord-est italiano.
Una cosa oscura, senza pregio è un libro partigiano, antifascista e internazionalista. Un libro complesso che porta a riflettere, senza che il piacere della lettura di una storia avvincente venga meno. Scoprire poi, se non si conosce già l’origine, da dove l’autore ha ricavato il titolo del libro è uno dei pregi del libro, perché ci porta a riconoscere, riscoprire e valorizzare questa cosa oscura, senza pregio che ci chiama con una voce imperiosa, una voce cui non possiamo sfuggire.