“Pozzi” a “Sabato Libri”, Radio Popolare

2 December, 2019 - 15:12
autore/i: 
Vincenzo Mantovani
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Vincenzo Mantovani di Radio Popolare ha parlato di Pozzi di Selene Pascarella a “Sabato Libri”.

Clicca qui per ascoltare il podcast – dal minuto 7:50.

 

Rassicurato dalla fama di Selene Pascarella come cronista di nera, mi aspettavo di leggere solo una fedele ricostruzione della strage degli innocenti di Bitonto, un “fattaccio” di quasi cinquant’anni fa che fece grande scalpore, che richiamò nella città della Murgia alcune tra le firme più importanti della stampa e della televisione di allora, che finì senza colpevoli e poi, pietosamente, cadde nell’oblio. Fino a oggi. Oggi che Selene Pascarella torna sul clamoroso caso giudiziario non con una semplice ricostruzione giornalistica, ma con un libro che è qualcosa di più e di completamente diverso. Un libro che sorprende come qualcosa d’inimmaginabile.

 

All’inizio degli anni settanta del secolo scorso Bitonto era una città di circa 40 mila abitanti il cui antico centro storico ospitava una specie di ghetto abitato da una comunità di cui pochi hanno sentito parlare: i truscianti. I truscianti erano persone e famiglie di origine nomade che, stabilitisi a Bitonto, conducevano una vita irregolare, raccogliendo e rivendendo stracci vecchi, e andando nei paesi circostanti a vendere “la fortuna”: dei foglietti con l’oroscopo sorteggiati da un pappagallo. Le famiglie erano quasi tutte imparentate tra loro e vivevano alla giornata, di espedienti più o meno leciti. Abitavano in case abbandonate, ridotte dal tempo a insalubri tuguri. Ognuno di questi tuguri aveva un pozzo, una piccola cisterna per l’acqua potabile ormai inutilizzata perché col passare degli anni si era riempita di fango e di liquami, obbligando i residenti a servirsi delle pubbliche fontanelle installate dal comune.

 

In questi pozzi, tra il 1971 e il 1972, morirono annegati cinque bambini, tre maschietti e due femminucce. Il primo, Adolfo, aveva nove mesi. Il secondo, Giuseppe, quindici. Vennero poi due sorelline, Concetta e Immacolata, di tre e cinque anni. L’ultimo fu il fratellino di Giuseppe, che portava lo stesso nome e morì quando aveva un mese di vita. Davanti a questi cinque cadaverini, mentre gli inquirenti – come si dice in questi casi – brancolavano nel buio, si scatenarono le più sfrenate fantasie. Se non si trattava di disgrazie (difficile pensarlo, con quella serie di ritrovamenti) chi li aveva uccisi? Madri snaturate? Un serial killer? Un mostro? O i cinque innocenti erano le vittime di una faida? I sospetti caddero su alcuni dei truscianti, che furono processati e assolti: un padre, una madre, una nonna autoritaria e prepotente che aspirava a prendere il posto del marito defunto, il capo dei truscianti. Furono tutti assolti, e il silenzio tornò ad avvolgere il ghetto di Bitonto.

 

Fino a oggi, come dicevo. Oggi che Selene Pascarella ci presenta questo libro, scritto con tutto il rigore della giornalista di razza, ma anche con la potente immaginazione della romanziera che non si arrende davanti ai vuoti delle indagini e cerca di colmarli con l’aiuto di un personaggio inventato. Esselio – questo uno dei nomi dello Watson della nostra Sherlock Holmes – ora cane, ora corvo, ora lupo mannaro, andrà a vedere e origliare là dove nessuno, neppure il più acuto investigatore, può arrivare, ficcando il naso nei miasmi dei pozzi dei truscianti e fiutando i nauseabondi venticelli delle loro calunnie e false accuse.

 

Se ancora non esisteva il postmoderno nel filone dei libri-inchiesta, questo ne è sicuramente il primo felice e riuscitissimo esempio.